giovedì 11 giugno 2015

Ucraina: cosa resta di Minsk?

Ucraina: cosa resta di Minsk?

by sitoaurora
Jacques Sapir, Russeurope 6 giugno 2015rtr4p7j3La situazione in Ucraina e nelle zone ribelli del Donbas si deteriora gradualmente. I combattimenti degli ultimi giorni, certamente limitati, sono stati i più violenti dal gennaio 2015. L'accordo "Minsk-2" è in procinto di decadere e ciò è dovuto soprattutto al governo di Kiev. Era prevedibile. Dobbiamo quindi rivedere la situazione per cercare di capire come ci si é arrivati.
Le violazioni del cessate-il-fuoco
Il cessate-il-fuoco dichiarato dopo gli accordi di Minsk-2 non è mai stato pienamente rispettato. Gli osservatori dell'OSCE insistono che tali violazioni siano, il più delle volte, opera delle forze di Kiev. I bombardamenti da fine maggio sono gradualmente aumentati, provocando la "controffensiva" delle forze ribelli su Marinka. Ma, dopo aver preso il controllo della cittadina, dove osservatori guidavano il tiro dell'artiglieria delle forze di Kiev, le forze ribelli non sono andate oltre. Il discorso del 4 giugno del presidente Poroshenko a Kiev, al parlamento (Rada), dove ricordava le migliaia o decine di migliaia di soldati russi nel Donbas, va preso per ciò che è: propaganda [1]. Kiev ha ovviamente voluto giocare la carta della strategia della tensione per cercare di ricucire con i sostenitori internazionali che appaiono disintegrarsi. Il meno che si possa dire è che tale tentativo s'è invece rivolto contro gli autori. Tali violazioni del cessate il fuoco non indicano solo la possibile ripresa dei combattimenti. Sono significativi solo nel contesto della non applicazione dell'accordo di Minsk-2. Ricordiamo che l'accordo di Minsk-2 ha un'importante componente politica oltre che militare (cessate il fuoco, scambio di prigionieri). Tale componente politica riguarda la federazione dell'Ucraina nel rispetto dell'integrità territoriale del Paese, con notevole autonomia concessa a Lugansk e Donetsk. Fin dall'inizio, il governo di Kiev ha dimostrato forte riluttanza ad attuare la parte politica dell'accordo. Ma se non procede all'applicazione dell'aspetto politico, la questione militare necessariamente riemergerà. Ecco perché c'è l'impasse politica che rischia la ripresa di ampi scontri.
Il campo di battaglia
Qui dobbiamo dire che da entrambe
le parti c'è chi chiede la ripresa delle ostilità. Riguardo Kiev, i vari gruppi di destra, anche apertamente fascisti, ovviamente spingono per la ripresa dei combattimenti. Oltre a sperare nelle vittorie sul campo, tali gruppi sanno che conteranno nello spazio politico di Kiev mantenendo clima di ostilità e conflitto. Se la tensione scendesse, tali gruppi appariranno per ciò che sono, bande pericolose di eccitati nostalgici del nazismo. Altri elementi versano benzina sul fuoco: certi oligarchi che formano la spina dorsale del regime di Kiev e cercano di prosperare sugli aiuti militari (soprattutto statunitensi). Anche loro interessati a nuovi combattimenti. Gli insorti, ci sono gruppi e individui che si rammaricano che le forze di RPD (Donetsk) e RPL (Lugansk) non abbiano sfruttato le avanzate del settembre 2014. Al momento l'esercito di Kiev era in disordine. Era possibile riprendere Marjupol, e anche arrivare a Kherson. Se le offensive di RPD e RPL si erano fermate, ciò è dovuto all'intervento russo. Il governo russo chiarì agli insorti che dovevano fermarsi. E qui vi è uno dei paradossi della crisi ucraina: Unione europea e Stati Uniti avrebbero dovuto prendere in considerazione l'atteggiamento della Russia. Non è accaduto, contribuendo non poco a convincere la leadership di Mosca della malafede degli interlocutori. Se i rapporti sono così difficili oggi tra questi Paesi e la Russia, è anche dovuto al loro atteggiamento verso la Russia, quando quest'ultima ha fatto di tutto per calmare la situazione militare. Le relazioni di Mosca con RPD e RPL sono complesse. Coloro che vogliono ignorare l'esistenza dell'autonomia di Donetsk (più che di Lugansk) commettono un grave errore. Naturalmente, i leader di RPD e RPL cercano di avere buoni rapporti con la Russia, ma i loro obiettivi non necessariamente coincidono.
La vita nello status quo
Senza l'attuazione della componente politica dell'accordo di Minsk, la vita tende a basarsi sull'indipendenza di fatto di Lugansk e Donetsk. Ed è chiaro che è una vita tutt'altro che facile. La popolazione delle zone sotto il controllo degli insorti è di circa 3 milioni di persone, di cui 1 milione fuggito in Russia. I continui combattimenti impediscono qualsiasi seria ricostruzione, tranne il ripristino della linea ferroviaria tra Lugansk e Donetsk. Uno dei motivi, del resto, dei combattimenti e delle continue violazioni del cessate il fuoco da parte delle forze ucraine è la chiara volontà dei dirigenti di Kiev di tenere la popolazione del Donbass in un clima di grave insicurezza e terrore. Il governo di Kiev ha sospeso il pagamento delle pensioni, in qualche modo riconoscendo di non considerare più Lugansk e Donetsk di sua competenza. Ricordate anche che il governo russo aveva sempre pagato le pensioni in Cecenia quando Dudaev proclamò la cosiddetta "indipendenza". Non è detto che la leadership di Kiev misuri le implicazioni legali delle proprie azioni. Uno dei punti dell'accordo Minsk-2 è garantire il ripristino dei pagamenti. Inutile dire che Kiev continua ad opporvisi. La popolazione in gran parte dipende dagli aiuti russi. Una produzione minima di carbone continua nelle miniere e in alcun impianti, ed era venduta a Kiev fino a dicembre. Poi, dopo la distruzione da parte ucraina della linea ferroviaria per Kiev, queste vendite hanno smesso e sono state sostituite dalle vendite in Russia. Insistendo su questo punto si provoca il progressivo impoverimento della grivna nel Donbas e l'ascesa del Rublo Russo. Inoltre, data la maggiore resistenza del rublo rispetto alla grivna, è divenuto mezzo di risparmio massiccio e unità di conto nel Donbas. Ma la questione della moneta che circola è eminentemente politica. Le autorità di RPD e RPL hanno tre opzioni: mantenere la grivna (e riconoscere che RPD e RPL sono repubbliche autonome nell'ambito dell'Ucraina), passare al rublo, che parrebbe l'annessione alla Russia, o creare una propria moneta e rivendicare l'indipendenza. Quest'ultima soluzione non è impossibile. Gli Stati baltici, prima di adottare l'euro, ebbero proprie valute. Ma solleva problemi estremamente complessi da risolvere. Infatti, sulla questione della moneta si basa quella del futuro istituzionale del Donbas. Le autorità di RPD e RPL, per il momento, mantengono la grivna. Ma la scarsità di banconote e la disponibilità del rublo potrebbero costringere tra alcuni mesi a cambiare idea. Va poi visto cosa comporta. Se Donetsk e Lugansk avranno lo status di repubblica autonoma nell'Ucraina, andrà rivista la Costituzione, o se passassero all'indipendenza di fatto, sarà riconosciuta dalla comunità internazionale? La Russia per ora invece sostiene il primo passo, mentre i leader di RPD e RPL non nascondono la loro preferenza per il secondo.
La posizione occidentale
Di fronte a una situazione che degenera per mancanza di volontà nell'attuare una soluzione politica, non vi è stato nelle ultime settimane alcun cambio di posizione di Stati Uniti e Unione europea. Gli Stati Uniti, attraverso il segretario di Stato John Kerry, sottolineano la necessità di Kiev di applicare l'accordo Minsk-2 [2]. Chiaramente gli Stati Uniti non intendono sopportare il peso dell'Ucraina, la cui economia si disintegra e potrebbe nei giorni o settimane prossimi chiedere il default sul debito, come sembra annunciare il fallimento delle trattative con i creditori privati [3] .A-Dette-UkrL'Ucraina, che in questi mesi subisce un'inflazione galoppante e la cui produzione potrebbe scendere del 10% nel 2015, dopo un calo del 6% nel 2014, ha disperato bisogno di massicci aiuti. Ma gli Stati Uniti non hanno alcuna intenzione di fornirli. Guardano all'Unione europea, anch'essa riluttante. Naturalmente, il segretario di Stato alla Difesa Ash Carter insiste su nuove sanzioni alla Russia [4]. Ma questo attesta l'inefficacia delle sanzioni precedenti, ora accertata. La posizione francese comincia a cambiare dagli ultimi mesi. Non solo il Quai d'Orsay comincia a riconoscere che la questione non può essere riassunta come scontro tra "democrazia" e "dittatura", ma si sente da certe dichiarazioni molta stanchezza sulle posizioni del governo di Kiev che non applica gli accordi di Minsk. Si comincia a rimpiangere, ma probabilmente è troppo tardi, l'adesione alla logica diplomatica dominante nelle istituzioni dell'Unione europea, che danno un peso sproporzionato alle posizioni polacche e baltiche sul tema. Il vertice UE del 21-22 maggio a Riga, infatti, suona la fine delle speranze ucraine e di certi Paesi vocianti nell'UE [5]. Anche la Germania comincia ad evolvere sul tema. Dopo aver adottato una posizione istericamente anti-russa per mesi, sembra essere sorpresa dal cambio di posizione degli Stati Uniti. Chiaramente, vedono che se gli USA riescono a scaricare il peso dell'Ucraina sull'Unione europea, la Germania avrà più da perderci. E' estremamente interessante leggere nel verbale della riunione di Riga che l'accordo di libero scambio globale o Deep and Comprehensive Free Trade Agreement (DCFTA) è ora soggetto all'applicazione di un accordo trilaterale. Essendo due delle parti evidenti (UE e Ucraina) non si può che pensare che la terza sia la Russia, e quindi si dovranno riconoscere gli interessi di quest'ultima nell'accordo che lega l'Ucraina alll'UE. In realtà, siamo tornati alla situazione invocata dai russi nel 2012 e 2013, ma dopo un anno di guerra civile in Ucraina. Così sembra che solo la Gran Bretagna continui ad avere un atteggiamento aggressivo nei confronti della Russia, mentre altre capitali sono piuttosto stanche da corruzione, incompetenza e cinismo politico che dominano a Kiev.
La Russia in posizione di arbitro
Gli ultimi eventi dimostrano che la Russia è in realtà in posizione di autorità sul problema ucraino. La posizione ufficiale del governo russo chiede la piena attuazione degli accordi di Minsk-2. Ma d'altra parte, si sa che il tempo è dalla sua parte e potrebbe essere tentata di lasciare deteriorare la situazione. Incapace di riforme, vivendo una drammatica crisi economica, Kiev è già gravata da problemi seri. La guerra degli oligarchi continua nell'ombra mostrando chiaramente che nell'alleanza di governo a Kiev vi sono importanti differenze. La nomina da parte del presidente Poroshenko dell'ex-presidente georgiano Mikhail Sakaachvili, responsabile della guerra in Ossezia del Sud nel 2008 e accusato di abuso di potere nel suo Paese, a governatore della regione di Odessa mostra che Kiev diffida nettamente dei grandi feudatari ucraini, che potrebbero cambiare fedeltà all'improvviso. Una recente indagine mostra che la popolarità di Poroshenko è molto diversa in occidente e Oriente. Gli eventi degli ultimi 18 mesi non hanno eliminato l'eterogeneità politica e della popolazione in Ucraina.A-Sondage-UkrLa realtà del Paese, una nazione divisa e fragile attraversata da gravi conflitti, può essere mascherata per un certo tempo con repressione e terrore, come avvenuto negli ultimi mesi. Ma tali pratiche non risolvono nulla e i problemi rimangono. Ancora più importante, anche il governo ucraino capisce il ruolo economico delle relazioni con la Russia fino al 2013. Senza un accordo con la Russia, l'Ucraina non può sperare di riprendersi. Anche il governo russo lo sa. La Russia sa che vincerà: sia con il governo di Kiev che gradualmente diventa sensibile ai suoi argomenti sia con la disintegrazione dell'Ucraina. Preferirebbe vincere a costi minimi, sicuramente, ma non lesinerà sul prezzo da pagare con tale vittoria. Ricordiamo questi versi della poesia Gli Sciti:
La Russia è una sfinge. Felice e triste allo stesso tempo,
E coperta del suo sangue nero,
Guarda, guarda te”.4062015Note
[1] Sul tema delle forze russe nel Donbas e della "minaccia" all'Ucraina, si veda l'audizione del Generale Christophe Gomart, direttore dei servizi segreti militari, alla commissione per la Difesa Nazionale e le Forze Armate, 25 marzo 2015
[2] J. Helmer Naked Capitalism 19/05/2015
[3] Karin Strohecker e Sujata Rao, "L'Ucraina e i suoi creditori lontani da un accordo sul debito", Thomson-Reuters, 6 giugno 2015
[4] Challenges
[5] Cfr la risoluzione finale
Traduzione di Alessandro Lattanzio - SitoAurora
sitoaurora | giugno 11, 2015 alle 11:28 | Etichette: anti-egemonia, anti-egemonismo, antiatlantismo, antifascismo, antimaidan, antimperialismo, atlantismo, Barack Obama, Blocco americanista occidentalista, Blocco antiegemonico, Blocco BAO, blocco eurasiatico, Central Intelligence Agency, CIA, Comunità degli Stati Indipendenti, CSI, Dipartimento di Stato USA, Donbas, Donbass, Donetsk, economia mondiale, equilibrio mondiale, esercito ucraino, estero vicino, Europa, Federazione Russa, forze armate di Novorossija, forze armate novorossija, forze armate novorusse, forze armate ucraine, Geoeconomia, Geopolitica, George Soros, Geostrategia, golpe, golpismo, golpisti, guerra a bassa intensità, guerra asimmetrica, guerra d'influenza, guerra d'informazione, guerra d'intelligence, guerra di liberazione nazionale, guerra di propaganda, guerra di resistenza, guerra economica, Imperialismo, infiltrazione, intelligence, Junta di Kiev, Kharkov, Kiev, Lugansk, mass media, Mosca, NATO, nazi-atlantismo, neoconservatori, neofascismo, neoimperialismo, neonazismo, neonazisti, North Atlantic Treaty Organization, Novorossija, Novorussia, Nuovo ordine mondiale, operazioni psicologiche, Pentagono, Politica della difesa, politica della sicurezza, politica energetica, politica internazionale, politica regionale, Propaganda, Repubblica Popolare del Donetsk, Repubblica Popolare di Donetsk, Repubblica Popolare di Lugansk, resistenza, resistenza popolare, rivoluzione colorata, Russia, sovranismo, sovranità, spazio ex-sovietico, strategia, Ucraina, Unione delle Repubbliche Popolari di Novorossija, Unione Europea, USA, Washington Consensus, Washington DC | Categorie: Geopolitica, Imperialismo | URL: http://wp.me/p1qi5U-4mv
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