E’ tempo per il Giappone di ascoltare la Russiaby sitoaurora |
Jibril Khoury, Takeshi Hasegawa e Lee Jay Walker, Modern Tokyo Times, 23 luglio 2015 La
crisi degli ostaggi in Algeria nel 2013 comportò la morte di dieci
cittadini giapponesi insieme a molte altre persone di diverse nazioni.
Purtroppo era evidente fin dall'inizio che la connessione libica
rientrava nel caso. Dopo tutto, l'infiltrazione terroristica avveniva
dal vicino confine della Libia. Inoltre, dalla morte di Gheddafi la
regione è piena di armi ed innumerevoli gruppi terroristici. Nella
stessa Libia vi sono varie organizzazioni terroristiche islamiste e
milizie che ne controllano delle parti. Pertanto, nella Libia del 2015
vi è il caos e uno Stato assente che non può controllare tutto.
Ingerenze esterne
Nel 2015 il Giappone deve mettere in discussione i cosiddetti alleati quando si tratta di contrastare il terrorismo e di geopolitica, e non dell'economia. Dopo tutto, le nazioni del Golfo e le grandi potenze della NATO continuano a creare instabilità in Medio Oriente e Nord Africa, aggiungendosi al caos in Afghanistan. Un caos che va dall'Afghanistan estendesi al Mali in Africa occidentale. Il Pakistan, potenze del Golfo, USA e Regno Unito s'intromettono in Afghanistan da più di 40 anni. Da allora migliaia di miliardi di dollari sono stati spesi per cercare di stabilizzare e centralizzare la nazione, nonostante il sostegno ai settari taqfiri e l'indottrinamento islamista negli anni '80 e '90. La politica adottata in Afghanistan non fu solo un misero fallimento totale, ma permise anche la destabilizzazione del Pakistan (auto-indotta), l'emergere della rete dell'11 settembre e il prosperare del potente movimento jihadista internazionale. Il Giappone di oggi è ormai sempre più
trascinato dagli obiettivi di Washington. Ciò si vede
nella politica estera negativa verso il governo della Siria, nonostante
la crisi sia lontana dal Giappone. Altrettanto importante, è chiaro che i
cittadini giapponesi brutalmente assassinati nella regione hanno subito
tale destino per le politiche di destabilizzazione dei cosiddetti
alleati del Giappone. Non serve un attacco terroristico che uccide
cittadini giapponesi per svegliare il governo del Giappone. Sì,
purtroppo, sembra che le nazioni spesso ne prendano atto quando le
conseguenze uccidono civili inermi. Gli Stati Uniti l'hanno scoperto nel
modo più barbaro quando migliaia di civili furono uccisi l'11
settembre. Dopo tutto, le forze terroristiche di al-Qaida erano
collegate a CIA, ISI del Pakistan e servizi segreti inglesi manipolando
la causa islamista in Afghanistan e replicarla in Bosnia (11 settembre,
attentati di Madrid ed altri legati ad Afghanistan e Bosnia). Pertanto,
quando il Giappone annunciò la morte del suo decimo cittadino per la
brutale crisi degli ostaggi dei terroristi islamisti in Algeria, allora
questo semplicemente non fu sufficiente. Le ratlines che collegano le
politiche di USA, Francia, Qatar, Arabia Saudita, Turchia, Regno Unito e
le altre nazioni de Golfo, vanno esaminate per ciò che hanno creato in
Libia e continuano a creare in Siria. Tale realtà deve anche
concentrarsi su come Mali e Pakistan siano stati inghiottiti dalle
politiche fallimentari di altre nazioni (Pakistan vi si è autoindotto a
differenza del Mali). Ugualmente allarmante è l'ampia evidenza che le
nazioni che si sono ingerite in Afghanistan e Iraq, e poi in Libia, non
solo hanno creato Stati falliti divenuti terreno fertile per i gruppi
jihadisti islamici, ma hanno iniziato a destabilizzare altre nazioni
come la Siria. Tutto ciò è stato fatto mentre la carneficina quotidiana
continua in Afghanistan, Iraq e Pakistan. Non solo è una follia, ma è
una politica "vergognosa" che rovina USA, Francia, Qatar, Arabia
Saudita, Turchia, Regno Unito e Paesi del Golfo.Nel 2015 il Giappone deve mettere in discussione i cosiddetti alleati quando si tratta di contrastare il terrorismo e di geopolitica, e non dell'economia. Dopo tutto, le nazioni del Golfo e le grandi potenze della NATO continuano a creare instabilità in Medio Oriente e Nord Africa, aggiungendosi al caos in Afghanistan. Un caos che va dall'Afghanistan estendesi al Mali in Africa occidentale. Il Pakistan, potenze del Golfo, USA e Regno Unito s'intromettono in Afghanistan da più di 40 anni. Da allora migliaia di miliardi di dollari sono stati spesi per cercare di stabilizzare e centralizzare la nazione, nonostante il sostegno ai settari taqfiri e l'indottrinamento islamista negli anni '80 e '90. La politica adottata in Afghanistan non fu solo un misero fallimento totale, ma permise anche la destabilizzazione del Pakistan (auto-indotta), l'emergere della rete dell'11 settembre e il prosperare del potente movimento jihadista internazionale. Il Giappone di oggi è ormai sempre più
Federazione Russa
La Federazione russa cerca di "contenere gli incendi" appiccati dalle suddette nazioni perché le élite politiche di Mosca comprendono chiaramente appieno realtà ed implicazioni geopolitiche a lungo termine delle fallimentari politiche di NATO e Golfo. Ciò vale per l'instabilità massiccia, le sempre più ampie reti terroristiche, settarismo, asservimento delle donne, povertà, assenza di strutture sanitarie, Stati falliti e altre potenti forze negative. Pertanto, è giunto il momento per le élite politiche del Giappone del 2015 di riconoscere alla Federazione russa priorità invece di seguire Washington e gli altri che creano "nuove strade pericolose". Il presidente della Federazione russa Vladimir Putin ha dichiarato: "lo sconvolgimento della Libia, accompagnato dalla proliferazione incontrollata delle armi, ha contribuito al deterioramento della situazione in Mali. Gli attacchi terroristici in Algeria che hanno ucciso persone innocenti, anche straniere, sono conseguenza di tali sviluppi tragici". Il Presidente Vladimir Putin continuava affermando che la Federazione russa "si sente responsabile del mantenimento della sicurezza globale ed è volta a collaborare con i partner al fine di affrontare i problemi globali". E' tempo per l'establishment politico di Tokyo di guardare profondamente agli eventi dall'Afghanistan all'Africa occidentale, in Mali. Ciò vale per molte aree instabili e le nazioni estere che continuano a partecipare, avviare o essere coinvolte in operazioni segrete destabilizzanti. La cosiddetta "primavera araba" ha inaugurato solo l'"inverno islamista" e la creazione di Stati falliti per ingerenza estera creando grandi aree di odio taqfirita. Basta guardare alle politiche contraddittorie attuate da varie nazioni verso Bahrain, Egitto, Libia, Siria, Yemen e altre nazioni dai gravi problemi interni. Ciò vale per le politiche distruttive basate su "interessi dalla mentalità ristretta". La Federazione russa conosce le convulsioni di intere aree dal crollo dell'Unione Sovietica e dall'indipendenza dei popoli in Europa orientale. Una volta che Vladimir Putin ha preso il timone, gradualmente la Federazione russa è divenuta potente con la centralizzazione e l'esecuzione di diverse politiche interne ed estere. Inoltre, la Federazione Russa ha una posizione unica essendo prevalentemente di fede cristiana ortodossa, ha anche una consistente minoranza musulmana nazionale. Infatti, in alcune parti della Federazione russa la fede musulmana è maggioritaria. Inoltre la realtà geografica della nazione appartenente alla casa eurasiatica, collega Europa ed Asia. Pertanto, i leader politici della nazione vogliono smorzare le divisioni attualmente esistenti in molte parti dello spazio geografico coincidente con la Federazione russa, insieme alla tradizionale proiezione di potenza in alcune parti di Medio Oriente, Balcani, Asia centrale, Asia del Nord-Est ed Europa.
La Federazione russa cerca di "contenere gli incendi" appiccati dalle suddette nazioni perché le élite politiche di Mosca comprendono chiaramente appieno realtà ed implicazioni geopolitiche a lungo termine delle fallimentari politiche di NATO e Golfo. Ciò vale per l'instabilità massiccia, le sempre più ampie reti terroristiche, settarismo, asservimento delle donne, povertà, assenza di strutture sanitarie, Stati falliti e altre potenti forze negative. Pertanto, è giunto il momento per le élite politiche del Giappone del 2015 di riconoscere alla Federazione russa priorità invece di seguire Washington e gli altri che creano "nuove strade pericolose". Il presidente della Federazione russa Vladimir Putin ha dichiarato: "lo sconvolgimento della Libia, accompagnato dalla proliferazione incontrollata delle armi, ha contribuito al deterioramento della situazione in Mali. Gli attacchi terroristici in Algeria che hanno ucciso persone innocenti, anche straniere, sono conseguenza di tali sviluppi tragici". Il Presidente Vladimir Putin continuava affermando che la Federazione russa "si sente responsabile del mantenimento della sicurezza globale ed è volta a collaborare con i partner al fine di affrontare i problemi globali". E' tempo per l'establishment politico di Tokyo di guardare profondamente agli eventi dall'Afghanistan all'Africa occidentale, in Mali. Ciò vale per molte aree instabili e le nazioni estere che continuano a partecipare, avviare o essere coinvolte in operazioni segrete destabilizzanti. La cosiddetta "primavera araba" ha inaugurato solo l'"inverno islamista" e la creazione di Stati falliti per ingerenza estera creando grandi aree di odio taqfirita. Basta guardare alle politiche contraddittorie attuate da varie nazioni verso Bahrain, Egitto, Libia, Siria, Yemen e altre nazioni dai gravi problemi interni. Ciò vale per le politiche distruttive basate su "interessi dalla mentalità ristretta". La Federazione russa conosce le convulsioni di intere aree dal crollo dell'Unione Sovietica e dall'indipendenza dei popoli in Europa orientale. Una volta che Vladimir Putin ha preso il timone, gradualmente la Federazione russa è divenuta potente con la centralizzazione e l'esecuzione di diverse politiche interne ed estere. Inoltre, la Federazione Russa ha una posizione unica essendo prevalentemente di fede cristiana ortodossa, ha anche una consistente minoranza musulmana nazionale. Infatti, in alcune parti della Federazione russa la fede musulmana è maggioritaria. Inoltre la realtà geografica della nazione appartenente alla casa eurasiatica, collega Europa ed Asia. Pertanto, i leader politici della nazione vogliono smorzare le divisioni attualmente esistenti in molte parti dello spazio geografico coincidente con la Federazione russa, insieme alla tradizionale proiezione di potenza in alcune parti di Medio Oriente, Balcani, Asia centrale, Asia del Nord-Est ed Europa.
Giappone e crisi degli ostaggi
La morte di dieci cittadini giapponesi in Algeria (2013) per mano di terroristi islamici è un chiaro richiamo al governo di Tokyo di dover svolgere un ruolo più costruttivo nella politica internazionale. Il Giappone sostiene le Nazioni Unite e altre importanti istituzioni che si occupano di educare, alleviare la povertà e sostenere i Paesi in via di sviluppo. Tuttavia, spesso sembra che il Giappone sia troppo legato agli USA, anche quando ciò gli è dannoso. Naturalmente, le relazioni tra Giappone e USA rimarranno la spina dorsale della politica estera del Giappone, non del tutto negativa. Ad esempio, le forze statunitensi aiutarono notevolmente il Giappone dopo il brutale terremoto di magnitudo 9.0 che innescò lo tsunami che uccise molte persone. Inoltre, la regione del nord-est asiatico è molto volatile e data la realtà dell'articolo 9 della Costituzione del Giappone, è chiaro che gli USA hanno un ruolo importante nella difesa del Giappone, contenendo possibili situazioni regionali pericolose. Nonostante ciò, quando si tratta di altri aspetti connessi alle ambizioni geopolitiche degli USA il Giappone dovrebbe valutare ogni situazione per merito, piuttosto che dare carta bianca agli USA. Hillary Clinton, ex-segretaria di Stato, ha dichiarato: "Non c'è dubbio che i terroristi algerini ricevano armi dalla Libia. Non vi è dubbio che i maliani dell'AQIM ricevano armi dalla Libia". L'omissione di Hillary Clinton è un altro richiamo deciso al contraccolpo che ha creato l'attuale crisi regressiva in Afghanistan e Pakistan, permettendo l'11 settembre. Gli USA ancora una volta confermano che la destabilizzazione della Libia e i tragici eventi nel 2013 in Algeria sono correlati. Nel complesso, il governo del Giappone dovrebbe chiedersi chi siano gli attori della destabilizzazione della vasta regione che si estende dall'Afghanistan al Mali? La Federazione russa o, in tutta onestà, USA, Francia, Qatar, Arabia Saudita, Turchia, Regno Unito e Paesi del Golfo? Altrettanto importante, cittadini giapponesi muoiono a causa dell'ingerenza degli alleati negli affari interni altrui, o sono minacciati dalle politiche della Federazione Russa? Se il Giappone ne vuole uscire cercando di proteggere i propri cittadini, allora è giunto il momento di promuovere relazioni più strette con la Federazione russa e di temere le politiche di destabilizzazione dei cosiddetti amici.Il Giappone accusa la Cina di rubare gas dal mare
Tyler Durden Zerohedge 22 /07/2015
La morte di dieci cittadini giapponesi in Algeria (2013) per mano di terroristi islamici è un chiaro richiamo al governo di Tokyo di dover svolgere un ruolo più costruttivo nella politica internazionale. Il Giappone sostiene le Nazioni Unite e altre importanti istituzioni che si occupano di educare, alleviare la povertà e sostenere i Paesi in via di sviluppo. Tuttavia, spesso sembra che il Giappone sia troppo legato agli USA, anche quando ciò gli è dannoso. Naturalmente, le relazioni tra Giappone e USA rimarranno la spina dorsale della politica estera del Giappone, non del tutto negativa. Ad esempio, le forze statunitensi aiutarono notevolmente il Giappone dopo il brutale terremoto di magnitudo 9.0 che innescò lo tsunami che uccise molte persone. Inoltre, la regione del nord-est asiatico è molto volatile e data la realtà dell'articolo 9 della Costituzione del Giappone, è chiaro che gli USA hanno un ruolo importante nella difesa del Giappone, contenendo possibili situazioni regionali pericolose. Nonostante ciò, quando si tratta di altri aspetti connessi alle ambizioni geopolitiche degli USA il Giappone dovrebbe valutare ogni situazione per merito, piuttosto che dare carta bianca agli USA. Hillary Clinton, ex-segretaria di Stato, ha dichiarato: "Non c'è dubbio che i terroristi algerini ricevano armi dalla Libia. Non vi è dubbio che i maliani dell'AQIM ricevano armi dalla Libia". L'omissione di Hillary Clinton è un altro richiamo deciso al contraccolpo che ha creato l'attuale crisi regressiva in Afghanistan e Pakistan, permettendo l'11 settembre. Gli USA ancora una volta confermano che la destabilizzazione della Libia e i tragici eventi nel 2013 in Algeria sono correlati. Nel complesso, il governo del Giappone dovrebbe chiedersi chi siano gli attori della destabilizzazione della vasta regione che si estende dall'Afghanistan al Mali? La Federazione russa o, in tutta onestà, USA, Francia, Qatar, Arabia Saudita, Turchia, Regno Unito e Paesi del Golfo? Altrettanto importante, cittadini giapponesi muoiono a causa dell'ingerenza degli alleati negli affari interni altrui, o sono minacciati dalle politiche della Federazione Russa? Se il Giappone ne vuole uscire cercando di proteggere i propri cittadini, allora è giunto il momento di promuovere relazioni più strette con la Federazione russa e di temere le politiche di destabilizzazione dei cosiddetti amici.Il Giappone accusa la Cina di rubare gas dal mare
Tyler Durden Zerohedge 22 /07/2015
Negli
ultimi mesi la Cina si trova al centro di un piuttosto vivace
"dibattito" internazionale sulla bonifica delle acque contese del Mar
Cinese Meridionale. Per ricapitolare, Pechino ha creato più di 1500 acri
di territorio sovrano sull'arcipelago Spratly utilizzando draghe per
costruire isole artificiali in cima alle scogliere. Anche se la Cina non
è il primo Paese ad intraprendere la bonifica nella regione, i suoi
progetti sono descritti da Stati Uniti e alleati come molto più
ambiziosi dei vicini. La situazione è peggiorata rapidamente quando la
marina cinese ha minacciato un aereo-spia statunitense con a bordo un
team della CNN. Poco dopo, gli Stati Uniti hanno affermato di aver
avvistato artiglieria su una delle isole e l'intera situazione è
culminata nella propaganda esilarante dei cinesi apparentemente pronti a
dimostrare che la vita sulle nuove isole è solo ragazze, giardinaggio,
maiali e cuccioli. Ora la Cina si trova al centro di un altro
contenzioso marittimo, questa volta la costruzione di piattaforme
petrolifere e gasifere nel Mar Cinese Orientale. Reuters: “La Cina
si riserva il diritto di una "reazione necessaria" dopo che il Giappone
ha pubblicato una revisione della Difesa invitando Pechino a fermare la
costruzione di piattaforme di esplorazione nei pressi delle acque
contese nel Mar Cinese orientale, ha detto il Ministero della Difesa.
Nel documento Tokyo ha espresso preoccupazione che le trivellazioni
cinesi possano colpire i giacimenti che si estendono nelle acque del
Giappone. "Questo tipo di azione mette completamente a nudo la natura
bifronte della politica estera del Giappone e ha un impatto negativo su
pace e stabilità nella regione Asia-Pacifico", ha detto il Ministero
della Difesa cinese in una dichiarazione. La Cina valuterà ulteriormente
la revisione della Difesa del Giappone, o libro bianco, quando il testo
completo sarà diffuso e per poi adottare la "reazione necessaria a
seconda della situazione", ha detto. Nell'escalation della polemica, il
Giappone ha pubblicato le foto aeree delle attività di costruzione
cinesi nella zona, accusando Pechino di agire unilateralmente e di
atteggiamento svogliato verso l'accordo del 2008 per lo sviluppo
congiunto delle risorse. "Le attività di sviluppo della Cina nel Mar
Cinese orientale non mostrano alcun segno di cessare. Dato l'aumento
delle preoccupazioni dentro e fuori il Giappone sui vari tentativi della
Cina di cambiare lo status quo, abbiamo deciso di diffondere ciò che
può essere appropriatamente pubblicato", ha detto il Capo del Segretario
di Gabinetto Yoshihide Suga, in conferenza stampa". A quanto pare "ciò che può essere diffuso", sono le seguenti immagini:
Ed
ecco una mappa che mostra dove le piattaforme sono situate, in
relazione alla linea di demarcazione che separa le zone economiche
esclusive dei due Paesi.
Allora, qual è il problema, vi chiederete? Sembra che tutte le strutture siano nella parte cinese della linea. Bloomberg: “Il
Ministero degli Esteri del Giappone ha presentato una mappa e
fotografie di ciò che afferma siano 16 piattaforme marine cinesi nei
pressi della parte giapponese delle acque contestate sul Mar Cinese
Orientale. Le piattaforme sono sul lato cinese della latitudine che il
Giappone sostiene debba segnare il confine tra le loro zone economiche
esclusive. Il Giappone ha da tempo espresso preoccupazione che tali
strutture aspirino gas dai giacimenti sottomarini che si estendono sul
suo lato”. Quindi, in sostanza, il Giappone ritiene che la Cina
stia tentando di derubarlo con la costruzione di impianti di
perforazione proprio accanto alla linea per succhiare gas sottomarino
verso la parte cinese. In altre parole:
Per
quanto riguarda la posizione di Pechino, il Ministero degli Esteri
afferma che le sue attività di esplorazione sono "giustificate,
ragionevoli e legittime". In ogni caso, la controversia non aiuterà le
relazioni sino-giapponesi e anche se Suga afferma che il problema non
danneggerà il processo diplomatico, va ritenuto che Pechino ne abbia
avuto abbastanza di sentirsi dire cosa può e non può fare in ciò che
considera acque territoriali.
Dichiarazione completa dalla Ministero degli Esteri giapponese: “Negli ultimi anni, la Cina ha rivitalizzato lo sviluppo delle risorse nel Mar Cinese orientale, mentre il governo ha confermato che nella parte cinese della linea di divisione geografica vi sono 16 strutture finora. Le 2 zone economiche esclusive sulla piattaforma continentale del Mar Cinese orientale non sono ancora state definite, e il Giappone ritiene che ciò vada effettuato sulla base della latitudine. Così in assenza di confini definiti, anche se nella parte cinese della linea di divisione, è estremamente deplorevole che la parte cinese promuova attività di sviluppo unilaterali. Il governo chiede alla parte cinese di fermare le attività di sviluppo unilaterale, coerentemente all'accordo sulla cooperazione tra Giappone e Cina sullo sviluppo delle risorse del Mar Cinese Orientale del giugno 2008. Richiedendo la rapida ripresa dei negoziati per l'attuazione; richiesta ancora una volta con forza. La posizione giuridica del Giappone sullo sviluppo delle risorse nel Mar Cinese orientale, oggi, in base alle disposizioni pertinenti della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (CNUDM), che definiscono la zona economica esclusiva e territoriale sulla piattaforma continentale marittima per 200 miglia marine. Dato che la distanza tra i confini territoriali marittimi sul Mar Cinese Orientale è meno di 400 miglia marine, la zona economica esclusiva e la piattaforma continentale si sovrappongono e vi è la necessità di ridefinirle. Alla luce delle pertinenti e precedenti disposizioni internazionali del CNUDM, vanno definite le acque territoriali con soluzione equa. (Nota: un miglio marittimo = 1,852 chilometri, 200 miglia marine = 370,4 km) (1) La parte cinese estende la divisione nel Mar Cinese orientale quale naturale estensione della terraferma sulla piattaforma continentale e le isole del Mar Cinese Orientale, in contrasto agli obblighi, dato che la divisione non segue la latitudine e senza che la parte cinese ne definisca i limiti, sostenendo che la piattaforma continentale si estenda naturalmente fino ad Okinawa. (2) D'altra parte, si tratta dell'estensione del teoria del 1960 che utilizza la giurisprudenza sulla delimitazione della piattaforma continentale dei Paesi confinanti, concetto adottato in passato dal diritto internazionale. Sulla base delle disposizioni internazionali pertinenti e successive della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, adottata nel 1982 sui confini delle acque territoriali dei Paesi a meno di 400 miglia nautiche, si è piuttosto ricorso alla teoria dell'estensione naturale, anche se non ha alcun significato giuridico, come ad Okinawa (perforazione del fondale marino). Pertanto, l'idea che si possa vantare una piattaforma continentale fino al Canale di Okinawa non ha fondamento alla luce della normativa internazionale vigente. (3) Su tale premessa, il nostro Paese ha preso posizione sui confini e può esercitare diritti sovrani e giurisdizione nella parte giapponese del territorio marittimo delimitato. Ciò senza abbandonare la latitudine quale confine definito al momento per l'esercizio dei diritti sovrani e la giurisdizione nelle acque delimitate. Pertanto, poiché la demarcazione nel Mar Cinese orientale non è definita, in una situazione in cui la parte cinese non riconosce alcun reclamo relativo ai confini e alla zona economica esclusiva a 200 miglia marine, le acque territoriali del nostro Paese non diversamente, infatti, hanno titolo sulla piattaforma continentale".La Cina furiosa sulle immagini: "Il Giappone cerca il confronto"
Tyler Durden Zerohedge 23/07/2015
Dichiarazione completa dalla Ministero degli Esteri giapponese: “Negli ultimi anni, la Cina ha rivitalizzato lo sviluppo delle risorse nel Mar Cinese orientale, mentre il governo ha confermato che nella parte cinese della linea di divisione geografica vi sono 16 strutture finora. Le 2 zone economiche esclusive sulla piattaforma continentale del Mar Cinese orientale non sono ancora state definite, e il Giappone ritiene che ciò vada effettuato sulla base della latitudine. Così in assenza di confini definiti, anche se nella parte cinese della linea di divisione, è estremamente deplorevole che la parte cinese promuova attività di sviluppo unilaterali. Il governo chiede alla parte cinese di fermare le attività di sviluppo unilaterale, coerentemente all'accordo sulla cooperazione tra Giappone e Cina sullo sviluppo delle risorse del Mar Cinese Orientale del giugno 2008. Richiedendo la rapida ripresa dei negoziati per l'attuazione; richiesta ancora una volta con forza. La posizione giuridica del Giappone sullo sviluppo delle risorse nel Mar Cinese orientale, oggi, in base alle disposizioni pertinenti della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (CNUDM), che definiscono la zona economica esclusiva e territoriale sulla piattaforma continentale marittima per 200 miglia marine. Dato che la distanza tra i confini territoriali marittimi sul Mar Cinese Orientale è meno di 400 miglia marine, la zona economica esclusiva e la piattaforma continentale si sovrappongono e vi è la necessità di ridefinirle. Alla luce delle pertinenti e precedenti disposizioni internazionali del CNUDM, vanno definite le acque territoriali con soluzione equa. (Nota: un miglio marittimo = 1,852 chilometri, 200 miglia marine = 370,4 km) (1) La parte cinese estende la divisione nel Mar Cinese orientale quale naturale estensione della terraferma sulla piattaforma continentale e le isole del Mar Cinese Orientale, in contrasto agli obblighi, dato che la divisione non segue la latitudine e senza che la parte cinese ne definisca i limiti, sostenendo che la piattaforma continentale si estenda naturalmente fino ad Okinawa. (2) D'altra parte, si tratta dell'estensione del teoria del 1960 che utilizza la giurisprudenza sulla delimitazione della piattaforma continentale dei Paesi confinanti, concetto adottato in passato dal diritto internazionale. Sulla base delle disposizioni internazionali pertinenti e successive della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, adottata nel 1982 sui confini delle acque territoriali dei Paesi a meno di 400 miglia nautiche, si è piuttosto ricorso alla teoria dell'estensione naturale, anche se non ha alcun significato giuridico, come ad Okinawa (perforazione del fondale marino). Pertanto, l'idea che si possa vantare una piattaforma continentale fino al Canale di Okinawa non ha fondamento alla luce della normativa internazionale vigente. (3) Su tale premessa, il nostro Paese ha preso posizione sui confini e può esercitare diritti sovrani e giurisdizione nella parte giapponese del territorio marittimo delimitato. Ciò senza abbandonare la latitudine quale confine definito al momento per l'esercizio dei diritti sovrani e la giurisdizione nelle acque delimitate. Pertanto, poiché la demarcazione nel Mar Cinese orientale non è definita, in una situazione in cui la parte cinese non riconosce alcun reclamo relativo ai confini e alla zona economica esclusiva a 200 miglia marine, le acque territoriali del nostro Paese non diversamente, infatti, hanno titolo sulla piattaforma continentale".La Cina furiosa sulle immagini: "Il Giappone cerca il confronto"
Tyler Durden Zerohedge 23/07/2015
Avevamo
dettagliato l'ultima disputa marittima della Cina con un alleato degli
Stati Uniti. Proprio mentre l'incessante andirivieni per la
dimostrazione di forza sulle attività di bonifica di Pechino nelle
Spratlys diminuiva, Washington e Manila hanno passato il testimone a
Tokyo nella gara per vedere chi può spingere l'ELP allo scontro navale.
Ricapitolando, il Giappone crede che la Cina stia posizionando
strategicamente piattaforme nei pressi della linea di divisione
geografica per dirottare il gas sottomarino dalle acque giapponesi.… La
posizione di Tokyo è che le attività di esplorazione di Pechino violano
l'accordo del 2008 sullo sviluppo congiunto tra i due Paesi. Pechino,
d'altra parte, "erroneamente" ritiene di avere il diritto di sviluppare i
giacimenti di ga situati nelle sue acque territoriali. Come avevamo
notato, la garanzia del capo di gabinetto Yoshihide Suga che il
battibecco non mette in pericolo il lento disgelo delle relazioni
sino-giapponesi non convince, date le circostanze: “La disputa non
aiuterà per nulla le relazioni sino-giapponesi e anche se Suga afferma
che il problema non danneggerà i progressi diplomatici, va immaginato
che Pechino ne abbia avuto abbastanza di sentirsi dire cosa può e non
può fare in ciò che considera acque territoriali”. Certo, la Cina alza
la retorica di una tacca. Reuters: “La diffusione da parte
del Giappone di immagini sulle attività di costruzione cinesi nel Mar
Cinese Orientale possono soltanto provocare lo scontro tra i due Paesi e
non aiutano gli sforzi per promuovere il dialogo, ha detto il Ministero
degli Esteri cinese. In una dichiarazione il Ministero ha detto che ha
tutto il diritto di sviluppare le risorse petrolifere e gasifere nelle
acque che rientrano sotto la sua giurisdizione. Quello che ha fatto il
Giappone provoca il confronto tra i due Paesi, e non è affatto
costruttivo per la gestione della situazione nel Mar Cinese Orientale e
il miglioramento delle relazioni bilaterali", ha detto”. Secondo alcune fonti, le operazioni di sviluppo cinesi sono legate alla lunga disputa sulle isole tra i due Paesi. Ancora Reuters: “Nel
2012, il governo giapponese fu irritato da Pechino con l'acquisizione
di una contestata catena di isole disabitate nel Mar Cinese orientale.
Finora Pechino aveva ridotto le attività secondo un accodo con il
Giappone per lo sviluppo congiunto delle risorse sottomarine nelle zone
contese”. Quindi, dispettosa rappresaglia o legittimi esplorazione e
sviluppo? Lasceremo ai lettori decidere con l'aiuto dei seguenti dati
della BBC sulla storia sulla isole Senkaku. Dalla BBC, “Al centro della
disputa vi sono otto isole disabitate e scogli nel Mar Cinese Orientale,
dalla superficie totale di circa 7 kmq a nord-est di Taiwan, ad est del
continente cinese e a sud-ovest della prefettura più meridionale del
Giappone, Okinawa. Le isole sono controllate dal Giappone, e sono
importanti perché vicine alle più importanti rotte, hanno fondali ricchi
e vicini a potenziali giacimenti di petrolio e gas. Sono anche in una
posizione strategicamente significativa, nella crescente competizione
tra Stati Uniti e Cina per il primato militare nella regione
Asia-Pacifico. Il Giappone dice che esplorò le isole per 10 anni nel
19.mo secolo scoprendo che erano disabitate. Il 14 gennaio 1895 il
Giappone vi pose la sua sovranità, annettendole formalmente al
territorio giapponese. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il Giappone
rinunciò alle pretesa su una serie di territori e isole tra cui Taiwan,
nel Trattato di San Francisco del 1951. Queste isole, tuttavia,
passarono sotto amministrazione fiduciaria degli Stati Uniti e furono
restituite al Giappone nel 1971 con l'accordo di restituzione di
Okinawa. Il Giappone dice che la Cina non sollevò obiezioni e che solo
dal 1970, quando emerse la questione delle risorse petrolifere della
zona, le autorità cinesi e taiwanesi iniziarono ad avanzare le loro
richieste. La Cina dice che le isole fanno parte del suo territorio da
sempre, essendo importanti zone di pesca gestite dalla provincia di
Taiwan”.
Il Giappone tenta di affondare i tedeschi sulla costruzione di sottomarini per l'Australia
Sputnik 23/07/2015
Sputnik 23/07/2015
Con
l'Australia che vuole assegnare un contratto da 50 miliardi di dollari
per dei sottomarini, l'opzione populista riguarda una società tedesca
che favorisce l'economia australiana utilizzando manodopera locale. Ma
un consorzio di aziende giapponesi e inglesi tenta di farsi assegnare il
contratto, mettendo i politici di Canberra in una posizione difficile.
Puntando a un programma per sottomarini da 50 miliardi di dollari,
l'azienda della difesa tedesca ThyssenKrupp (TKMS) ha lanciato
un appello al partito liberale del primo ministro Tony Abbott. In caso
di aggiudicazione, TKMS assumerà imprenditori australiani per costruire i
sottomarini. Questa sarebbe una spinta importante per l'economia
australiana, facendo del Paese un costruttore navale regionale a lungo
termine. Ma TKMS ha una nuova concorrenza, secondo anonimi funzionari
del governo giapponese. Due grandi aziende inglesi, Babcock International Group e BAE Systems,
sono in trattative con il governo giapponese. L'obiettivo è assicurarsi
che il contratto dell'Australia vada alle aziende giapponesi Mitsubishi Heavy Industries e Kawasaki Heavy Industries. "Con
la Mitsubishi Heavy che prende l'iniziativa, raccogliamo informazioni
da aziende giapponesi e straniere sull'industria australiana, ma non
possiamo rivelarne i nomi", un portavoce del ministero della Difesa giapponese ha detto a Reuters. Le società inglesi sono saldamente insediate in Australia. Babcock esegue lavori di manutenzione per la flotta sottomarina di Canberra, mentre BAE Systems
impiega 4500 persone nella costruzione di navi d'assalto anfibio da
27000 tonnellate. Le aziende hanno tutto l'interesse a mantenere i
concorrenti europei fuori dal mercato. "Il Giappone è senza dubbio
avanti tecnologicamente a tedeschi e francesi, ma è in ritardo negli
affari in Australia e nell'organizzarvi un pacchetto industriale",
ha detto una fonte giapponese. Vi è inoltre la possibilità che la
società svedese SAAB collabori con il Giappone, anche se non ha
commentato un coinvolgimento. Nonostante la crescente opposizione del
gruppo internazionale, TKMS rimane fiduciosa che i benefici che
fornirebbe all'economia australiana, saranno troppo forti per essere
ignorati dal governo. "Ci sono molti politici... che non saranno
molto felici se questo costoso e sofisticato programma da 50 miliardi
risolverà il disavanzo del Giappone", ha detto alla Reuters il Presidente della TKMS Australia John White. "Penso che sia interessante costruire sottomarini in Australia", ha aggiunto il senatore Sean Edwards, presidente della commissione economica, "Credo che sia un problema per il Giappone".
Tuttavia, la pressione politica potrebbe favorire Tokyo. Il primo
ministro Abbott l'ha descritto come il più importante alleato regionale
dell'Australia, e anche gli Stati Uniti spingono per relazioni più forti
tra Canberra e Tokyo. Soprattutto a causa dell'interesse nel
contrastare ciò che considera come crescente minaccia cinese nel Mar
Cinese Meridionale, Washington fa pressioni sugli alleati del Pacifico
per avere legami più stretti. Giappone e Australia sono cruciali per gli
obiettivi del Pentagono nella regione. Una decisione non sarà presa
prima di novembre, dopo che il Ministero della Difesa avrà tempo di
rivedere i preventivi presentati dagli offerenti.Traduzione di Alessandro Lattanzio - SitoAurora
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