Stiglitz/Hersh: La farsa dell’accordo TTP di “libero scambio”
Mentre
i media all’unisono esaltano il più grande accordo di “libero scambio”
della storia recente siglato il 5 ottobre tra gli USA e 11 paesi del
Pacifico, il premio Nobel Joseph Stiglitz, in un articolo a quattro mani con Adam S. Hersh pubblicato su Project Syndicate,
si incarica di diradare il fitto fumo negli occhi che come
sempre tenta di annebbiare e stravolgere una visione più onesta e
chiara. Niente a che fare con la concorrenza e il libero commercio, solo
un accordo nell’interesse e per conto delle grandi multinazionali che
ormai da tempo hanno catturato i governi. Prossimamente la grancassa si
scatenerà sul TTIP tra USA ed Unione europea, con grandi titoli
trionfalistici e qualche dubbio che non si può negare infilato tra le
ultime righe.
di Joseph Stiglitz e Adam S. Hersh, 2 ottobre 2015
NEW YORK – Mentre i negoziatori e i ministri degli Stati
Uniti e degli altri 11 paesi del Pacifico si incontrano ad Atlanta per
definire i dettagli dell’accordo senza precedenti noto come
Accordo Trans-Pacifico (TPP), un’analisi più seria si rende necessaria.
L’accordo più importante della storia sul commercio e gli investimenti
non è come sembra.
Si sentirà parlare molto dell’importanza del Tpp per il
“libero scambio”. La realtà è che si tratta di un accordo che punta a
gestire i rapporti commerciali e di investimento tra i suoi membri – e a
farlo per conto e nell’interesse delle più potenti lobby di ciascun
paese. Badate bene: è evidente, considerando le principali questioni
sulle quali i negoziatori stanno ancora contrattando, che il Tpp non ha niente a che fare con il “libero” scambio.
La Nuova Zelanda ha minacciato di abbandonare l’accordo a
causa del modo in cui il Canada e gli Stati Uniti gestiscono il
commercio dei
prodotti lattiero-caseari. L’Australia non è soddisfatta
di come gli Usa e il Messico gestiscono il commercio dello zucchero. E
gli Stati Uniti non sono contenti di come il Giappone gestisce il
commercio del riso. Questi settori sono sostenuti da una significativa
quota di elettori nei loro rispettivi paesi. Ed essi rappresentano solo
la punta dell’iceberg del modo in cui il Tpp porta avanti il suo
programma, che nella realtà contrasta il libero commercio.
Per cominciare, consideriamo quello che prevede l’accordo
per estendere i diritti di proprietà intellettuale delle grandi
compagnie farmaceutiche, come è emerso dalle notizie trapelate sul testo
oggetto dei negoziati. La ricerca economica
dimostra chiaramente che tali diritti di proprietà intellettuale
promuovono una ricerca che nella migliore delle ipotesi risulta debole.
In realtà è proprio vero il contrario: quando la Corte Suprema ha
annullato il brevetto di Myriad sul gene Brca, questo ha portato a una
grande innovazione che ha condotto a test migliori e a costi più bassi.
In realtà, le disposizioni contenute nel Tpp limiterebbero la libera
concorrenza e aumenterebbero i prezzi per i consumatori negli Stati
Uniti e in tutto il mondo – un anatema per il libero commercio.
Il Tpp gestirà il commercio nel settore farmaceutico
attraverso una varietà di modifiche di norme apparentemente arcane su
questioni come “protezione dei brevetti” “esclusività dei dati” e
“biologia”. Il risultato è che le società farmaceutiche avrebbero di
fatto il permesso di prolungare – a volte quasi indefinitamente – il
loro monopolio sui farmaci brevettati, di tenere i generici più
economici fuori dal mercato e impedire ai concorrenti “bioequivalenti”
di introdurre nuovi farmaci per anni. Questo è il modo in cui il Tpp
gestirà il commercio del settore farmaceutico se gli Stati Uniti
andranno avanti per la loro strada.
Allo stesso modo, consideriamo come gli Stati Uniti
sperano di usare il Tpp per gestire il commercio nell’industria del
tabacco. Per decenni, le società statunitensi del tabacco hanno
utilizzato meccanismi di aggiudicazione degli investitori esteri creati
da accordi simili al Tpp al fine di combattere le normative tese a
contenere la piaga sociale del fumo. In base a questi sistemi di
regolazione delle controversie tra investitore e Stato (ISDS), gli
investitori stranieri acquisiscono nuovi diritti per citare in giudizio i governi nazionali,
ricorrendo ad arbitrati privati vincolanti sui regolamenti che a loro
avviso diminuiscono la redditività dei loro investimenti.
Gli interessi delle società internazionali promuovono
l’IDSD come un sistema necessario per proteggere i diritti di proprietà
laddove manca uno Stato di diritto e dei tribunali attendibili. Ma
questo argomento non ha senso. Gli Stati Uniti stanno cercando di
introdurre lo stesso meccanismo in un mega-accordo dello stesso tipo con
l’Unione europea, L’Accordo transatlantico per il commercio e gli investimenti, anche se non ci sono dubbi circa la qualità dei sistemi giuridici e giudiziari europei.
Certamente, gli investitori – a qualsiasi stato
appartengano – meritano tutela contro l’espropriazione o le norme
discriminatorie. Ma l’ISDS va ben oltre: l’obbligo di risarcire gli
investitori per le perdite dei profitti attesi può ed è stato applicato
anche laddove le regole non sono discriminatorie e i profitti sono
realizzati causando un danno sociale.
La Philip Morris è attualmente in causa contro l’Australia
e l’Uruguay (che non è membro del TPP) che richiedono che siano poste
delle avvertenze sui pacchetti di sigarette. Il Canada, minacciato di
una denuncia simile, ha fatto marcia indietro sull’introduzione di
un’etichetta dello stesso tipo pochi anni fa.
Dato il velo di segretezza che circonda i negoziati TPP,
non è chiaro se il tabacco verrà escluso da alcuni ambiti dell’ISDS. In
entrambi i casi, rimane la questione principale: queste disposizioni
rendono difficile ai governi di svolgere le loro funzioni basilari –
proteggere la salute e la sicurezza dei propri cittadini, garantire la
stabilità economica e salvaguardare l’ambiente.
Immaginate cosa sarebbe successo se tali disposizioni
fossero state in vigore quando sono stati scoperti gli effetti letali
dell’amianto. Invece di far cessare l’attività e costringere i
produttori a risarcire coloro che erano stati danneggiati, sotto la
regolamentazione dell’ISDS i governi avrebbero dovuto pagare i
produttori per fare in modo che non causassero la morte dei propri
cittadini. I contribuenti sarebbero stati colpiti due volte – prima
pagando i danni alla salute causati dall’amianto, e poi risarcendo i
produttori per la perdita di profitto una volta che il governo
fosse intervenuto per regolamentare il prodotto pericoloso.
Non dovrebbe sorprendere nessuno il fatto che gli accordi
internazionali dell’America creino un commercio gestito invece che un
libero commercio. Questo è ciò che accade quando il processo decisionale
è precluso alle parti portatrici di interessi non-commerciali, per non
parlare dei rappresentanti eletti dal popolo al Congresso.
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