LA PROTESTA
DEI LAVORATORI AIR FRANCE:
UN’ESPRESSIONE
DELLA LOTTA DI CLASSE
Non sempre la
passano liscia. Se il manager della Volkswagen, responsabile dello scandalo
degli 11 milioni di auto truccate, è stato “silurato” con una liquidazione da
60 milioni di euro, altra sorte hanno rischiato i manager di Air France.
Alla notizia
della conferma di 2900 licenziamenti, i lavoratori della compagnia di bandiera
francese hanno preso d’assalto il quartier generale aziendale interrompendo la
riunione del CdA e costringendo i manager a un’indecorosa fuga.
I commenti dei
politicanti borghesi e dei principali media sono stati di due tipi: il primo,
di condanna dell’aggressione: i straricchi rappresentanti della proprietà
privata capitalistica non si devono toccare, queste contestazioni sono
inaccettabili; il secondo, di pelosa comprensione delle ragioni dei lavoratori,
che sarebbero degli “animali” esasperati che devono essere ricondotti al
“dialogo responsabile” con le aziende.
In pochi hanno
detto a chiare lettere che quanto accaduto è la risposta dei lavoratori alla
brutale violenza padronale volta ad aumentare il saggio di profitto. Che le
azioni come quella compiuta ai danni dei manager di Air France sono
un’espressione della lotta di classe dei lavoratori contro l’attuazione della
politica dell’oligarchia finanziaria. Azioni che si manifestano quando la misura
è colma, di fronte ai “no”, alle chiusure, alle minacce, ai ricatti padronali.
Come
comunisti, sappiamo che la borghesia utilizza tutti i mezzi della violenza e
del terrore per difendere la proprietà capitalistica e il furto del plusvalore.
La risposta di massa a questa violenza da parte degli sfruttati – che in
Francia si è manifestata in alcuni periodi con i sequestri di padroni e manager
- è legittima, da sostenere e sviluppare, in quanto gioca un ruolo positivo e
rivoluzionario.
Fra i tanti
commenti sulla vicenda ricordiamo quello di Landini. Dopo essersi dichiarato
contrario all’aggressione dei manager, il segretario FIOM ha dichiarato che
“sarebbe pronto ad occupare le fabbriche per difendere il lavoro”. Landini aveva
già fatto dichiarazioni analoghe al momento della vertenza della Thyssen di
Terni, parlando della politica reazionaria di Renzi su occupazione, salario e
diritti dei lavoratori, concretata del Jobs Act. Ma i buoni propositi sono
rimasti lettera morta.
Compagni,
proletari avanzati, operai, non possiamo aspettare con le mani in mano che i
capi sindacali, i socialdemocratici e i massimalisti realizzino i loro altisonanti
proclami.
Sta agli
operai, a partire da quelli avanzati e coscienti, che non devono sottostare “ai
tempi e ai modi” dei dirigenti sindacali, dar vita alle forme di mobilitazione
e di lotta più decise, quando la situazione lo richiede.
Trasformiamo le
parole senza seguito in azione comune e organizzata dal basso dal proletariato:
contro i licenziamenti, lo sfruttamento, la miseria, per il miglioramento delle
nostre condizioni di vita e di lavoro, realizziamo – sulle base delle reali
possibilità - lotte dure ed unitarie,
compresa l’occupazione delle fabbriche.
Il periodo
dello sviluppo “normale e pacifico” del conflitto di classe si sta per
concludere. La classe operaia per poter affrontare e vincere il nuovo periodo
di battaglie aperte che si avvicina deve tornare ad essere protagonista a tutti
i livelli della lotta economica e politica. Deve riconquistare cioè la propria
piena indipendenza distaccandosi nettamente e apertamente da tutte le correnti
borghesi e piccolo-borghesi, opportuniste, revisioniste e riformiste.
Il Partito
comunista è lo strumento e la forma storica della riscossa di classe, dove si
riunisce e lotta la parte più avanzata e combattiva della classe operaia per
abolire la società dello sfruttamento, dei licenziamenti, della diseguaglianza.
Stringiamo legami più stretti, uniamoci e organizziamoci!
7 ottobre 2015
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