domenica 22 novembre 2015

LE FAVOLE DI BARNARD PER I BAMBINI DEI SUOI LETTORI: 1.......P.Barnard

[Alcune considerazioni su...]


LE FAVOLE DI BARNARD PER I BAMBINI DEI SUOI LETTORI: 1
(da leggere ai vostri bambini, e non è una battuta)
C’era una volta un vecchio vulcano che si chiamava Ubo. Viveva in una nazione dell’Africa nera e misteriosa, lontano, ma tanto lontano da casa nostra. La cosa da sapere è che per un tempo lungo come mille strade, e vecchio come cento nonni, Ubo aveva fatto il suo lavoro, che era di sputare fumo, poi lava incandescente, poi scintille infuocate, e tanto altro di focoso e caldo.
La gente che viveva in quelle regioni usava tutta quella roba incandescente che il vecchio vulcano sputava fuori per tante cose importanti. Per esempio, ci facevano il fuoco dei villaggi per cucinare le gazzelle o gli uccelli che catturavano, o per fare le zuppe di orzo che coltivavano nei campi. Eh! Come si fa a mangiare carne cruda o zuppe fredde? Ci vuole il fuoco per cucinarli, e la gente di quelle regioni africane il fuoco non l’avevano, se non quando Ubo lo sputava fuori in abbondanza, così che tutti l’avessero. Oppure, nelle stagioni fredde, bisognava scaldarsi coi fuochi nelle capanne, e di nuovo quelle regioni africane il fuoco non l’avevano se non quando Ubo lo sputava fuori in abbondanza così che tutti l’avessero e potessero accendere le stufe nelle capanne. Ma ancora: la luce di notte per tutta quella gente veniva dalle torce infiammate, ancora merito del fuoco di Ubo. Bene.
Ma sapete bimbi, gli uomini non sono mai contenti. Il vulcano gli dava il fuoco, ma anche cenere, fumo, e qualche volta dei tremori della terra che facevano un po’ paura. E quindi quella stessa gente che usava il fuoco di Ubo, poi gli dicevano cose brutte, che lo ferivano. Ad esempio,
essi imprecavano quando cadeva troppa cenere sulle capanne, e dicevano “Maledetto vulcano, ma stattene buono!”. Oppure, se c’era un tremore della terra – che altro non era se non uno sternuto di Ubo ma che svegliava la gente di notte – gli gridavano “Ubo magari non ci fossi!”.
Ubo tutte queste cose le sentiva, e siccome i vulcani vivono mille e mille anni, lui le sentì per mille e mille anni. Fino a che il suo cuore, che era ancora più caldo dei suoi fuochi, cominciò a raffreddarsi. Offesa dopo offesa, il suo cuore cominciò a stancarsi, e a battere sempre più debole. Sempre più debole. Finché un giorno si raffreddò del tutto, perse il suo calore. Divenne freddo. E il freddo del cuore, bimbi, gela tutto. Così fu che Ubo il vulcano si spense col cuore fermo. Niente più fumo, niente più borbottii, ma niente più fuoco e lava da cui i villaggi prendevano il fuoco per vivere. Ubo si fermò, gli uomini gli avevano fermato il cuore.
Gli uomini sono stolti, certo, ma quando poi devono affrontare le conseguenze della loro stoltezza si perdono e hanno paura. Adesso, con Ubo spento, non c’era più fuoco, non potevano più trovare il fuoco per cucinare, per scaldarsi d’inverno, o per illuminare la notte. Ubo si era spento nella tristezza.
Allora i saggi dei villaggi pensarono che dovevano pregare gli Dei del cielo per convincere Ubo a risvegliarsi. E lo fecero, con grandi cerimonie e grandi processioni… ma nulla, Ubo non si svegliava. No cibo, no luce, no caldo.
Allora i guerrieri dei villaggi pensarono che se avessero fatto paura a Ubo con le loro armi, lui si sarebbe convinto a risvegliarsi e a ridare lava e lapilli per il fuoco. Così diedero l’assalto al vecchio vulcano, con grandi urla e minacce. Ma poveri fessi! Cosa può fare l’uomo contro la forza della natura di un immenso vulcano? Nulla, povero sciocco uomo. Ubo neppure li ascoltò. No fuoco. No cibo, no luce, no caldo.
Che disastro!
Dovete sapere che in uno di questi villaggi viveva un bambino di nome Bommi. Era un bambino strano. A lui Ubo era sempre piaciuto, e mai aveva avuto paura delle scosse della terra che Ubo causava quando sternutiva. Mai gli era dispiaciuto di trovare la cenere per terra la mattina… la cenere è soffice, pensava Bommi, e ci giocava a farci i disegni sopra. E così mentre tutti i saggi, tutti i guerrieri, tutti gli uomini importanti dei villaggi erano riuniti a pensare, disperati, come risvegliare Ubo, lui partì dal suo villaggio per andare dal suo vecchio immenso amico, Ubo.
Una mattina ci arrivò. Era ai piedi di questo grande vulcano, apparentemente morto. Bommi lo guardò. Poi lo chiamò per nome: “Ubooooo!”. Ma nulla, nessuna risposta. Ancora più forte: “Ubooooooooooo!!!!!!”. Nulla. Bommi iniziò a preoccuparsi. E se fosse vero che la stoltezza degli uomini mai contenti avesse veramente ucciso il suo grande amico? Bommi posò l’orecchio sulle pendici del grande vulcano per sentire se per caso il suo cuore batteva ancora. Ascoltò, ascoltò, ma nulla, il cuore non batteva.
Gli avvoltoi volavano in giri ampi nel cielo, come quando sotto di loro c’è una preda morta da aggredire. Bommi sentì paura. E ora cosa faccio? si chiese. Allora decise di scalare il grande vulcano fino alla cima e di vedere cosa era successo dentro di lui. Bommi era agile e corse su per la montagna veloce fino al cratere. Arrivato là vi si affacciò e guardò dentro. Tutto là sotto era fermo, un lago grigio di cenere e basta. Bommi chiamò Ubo con tutta la voce che aveva nei polmoni, ma nulla. “Ubo! Ubooo! Ubooooooo!”… inutile, nessuna risposta.
Allora pensò a una cosa. E se corro giù e raccolgo i più bei fiori che trovo e glieli dono? Di sicuro nessuno ha mai regalato a un vulcano dei fiori, si disse Bommi. Dai, lo faccio, magari mi dice qualcosa!
E così fu che Bommi si mise a correre su e giù per il vulcano a cogliere fiori e a buttarli nel cratere, su e giù, su e giù, su e giù cento volte.
E qui successe una cosa stranissima. Bommi correva svelto su e giù coi suoi piedini nudi da africano, e pestava lesto le pendici del vulcano avanti e indietro come una furia. Bè, bambini, Ubo che dormiva nel suo sonno di tristezza, iniziò a sentire come una specie di…
… solletico! I piedini di Bommi gli facevano il solletico, e così si svegliò per capire chi era che gli faceva il solletico. Al suo risveglio Ubo ebbe un’incredibile sorpresa:
Prima cosa sentì un profumo delizioso che in mille e mille anni della sua vita non aveva mai sentito. Erano tutti i fiori che Bommi gli aveva gettato dentro. Poi quando aprì gli occhi vide questo bimbetto coi suoi piedini nudi che correva su è giù per le sue pendici instancabile, con altri fiori in mano. Ubo era stupefatto. E così parlò per la prima volta da tanti anni:
Ma chi sei tu? E perché mi fai il solletico correndo su e giù coi tuoi piedini?
La voce di un vulcano è potente e può fare paura a un uomo, immaginate a un bambino come Bommi. Ma la cosa buffa era che siccome Bommi gli stava facendo il solletico correndo su e giù coi suoi piedini, Ubo parlava ma anche… ridacchiava, rideva… così Bommi non ebbe paura, e rispose:
Mi chiamo Bommi e sono un tuo amico, Ubo. Perché non ci vuoi più bene e non ci dai più il fuoco? Abbiamo fame e freddo e le nostre notti sono ora buie!
Ubo non poteva credere alle sue orecchie, e neppure al suo naso, perché Bommi continuava a correre su e giù per il vulcano e a buttarvi dentro fiori profumati, sempre facendogli il solletico coi suoi piedini svelti. E rispose:
Bimbo, io ho mille e mille e più anni, ma mai nessuno mi aveva parlato. Mai nessuno mi aveva fatto il solletico. Mai nessuno mi aveva profumato. E tutto quello che vuoi in cambio per questo è... il fuoco? Corri a casa piccolo amico mio, te ne darò quanto ne vuoi per tutta la tua vita e di più!
Bommi non poteva credere alle sue orecchie. Non sapeva cosa dire, non aveva mai sentito un vulcano parlare, specialmente Ubo, che tutti gli uomini davano per morto. I suoi piedini si misero a correre come una gazzella e tornò al suo villaggio, giusto in tempo per vedere il sole tramontare. E…
La notte aveva appena fatto spuntare le stelle nel cielo sopra ai villaggi senza cibo cotto, senza riscaldamento e senza luci, quando d’improvviso tutta la volta celeste s’illuminò di una fiammata immensa che si sparse in tutte le direzioni dalla bocca di Ubo. E la terra tremò. Ora il fuoco c’era di nuovo, per tutti, in abbondanza, eccome!
I saggi e i guerrieri dei villaggi uscirono dalle loro capanne con gli occhi spalancati, e da stolti quali sempre sono, declamarono che era merito loro! Ringraziarono gli Dei, o le loro armi…
Ma in un angolo di villaggio, sotto un albero, sedeva un bimbetto chiamato Bommi, che avrebbe voluto avere le braccia lunghe come le strade per abbracciare il suo grande amico Ubo, e magari fargli ancora un po’ di solletico…

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