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E’ davvero strano, molto strano, che ieri e oggi - appresa la notizia del suicidio di Mario Cal, il vice di don Verzé, nume tutelare dell’ospedale-centro di ricerca-università San Raffaele di Milano - tutti i giornali, le tv e le agenzie di stampa abbiano “dimenticato” l’affare più importante che lo stesso “San Raffaele” ha in corso, e cioè la realizzazione di un altro “San Raffaele”, a Taranto, ribattezzato come “San Raffaele del Mediterraneo”.
Così come è strano, molto strano, che tutti i giornali, le tv e le agenzie di stampa, abbiano “dimenticato” il gran lavoro promozionale dell’ultranovantenne don Verzé a favore di Nicola Vendola durante (e dopo) la sua ultima campagna elettorale.
Fosse stato anche solo per esaudire l’esigenza di “ritratti” un po’ più completi, gli attenti giornalisti che si sono occupati del caso, dei retroscena, dei debiti della fondazione Monte Tabor, del solito Berlusconi eccetera eccetera, avrebbero potuto ricordare queste due o tre cosette non proprio irrilevanti.
Prima cosetta. Non è stato don Verzè a dichiarare pubblicamente che “Vendola è uno dei pochissimi politici italiani ad avere un fondo di santità”? E non è stato sempre lui a chiedere ai pugliesi di votarlo e a promettere, qualora non lo avessero fatto, che lo avrebbe “assunto” lui, nominandolo presidente – appunto – dell’erigendo "San Raffaele del Mediterraneo"?
Seconda cosetta. Non è stata, subito dopo lo spot pro Vendola di don Verzè, la Regione Puglia a stanziare prima 60, poi 80, infine 120 milioni di euro per far decollare un’iniziativa che alla fine, si è stimato, costerà almeno il doppio (in pratica, un nuovo grande ospedale realizzato con i soldi pubblici e gestito da un privato?).
Terza cosetta. Come mai nessuno ha ricordato la “mossa” dell’assessore regionale pugliese al Bilancio, Pelillo, sostenuta dalla giunta regionale e dallo stesso Vendola, di far nominare presidente della nuova Fondazione San Raffaele del Mediterraneo un socio di studio, tale avvocato Ciaccia, dell’assessore Pelillo? Quell’anonimo avvocato è stato poi costretto a dimettersi in seguito alle polemiche scaturite dalle interrogazioni presentate in Regione dalla opposizione di centrodestra, ma non è che con le dimissioni di una “testa di legno” scoperta un po’ per caso, “il caso” possa dirsi chiuso, no?
Infine, perché nessuno cerca di rispondere alla domanda più semplice, che è la seguente: serve davvero questo San Raffaele del Mediterraneo a Taranto? Per chiunque presti alla vicenda un po’ di attenzione e abbia un barlume di intelligenza non sarebbe difficile rispondere che no, questo nuovo ospedale non serve. Taranto infatti ha già due ospedali – il Moscati e il Ss. Annunziata -, che, assieme, contano cento posti letto in più dell’erigendo San Raffaele (680 contro 580) e che abbisognano solo di attenzione e cura per non perire, come avviene invece per il resto della sanità pugliese (e meridionale) rovinate da buchi di bilancio mostruosi che sono per lo più conseguenza dell’assalto criminale e clientelare alle risorse.
A meno che, don Verzé e don Vendola, commossi e addolorati per la sorte dei malati di cancro e di leucemia della città più inquinata d’Europa per emissioni industriali, non abbiano pensato di “regalare” a Taranto un nuovo ospedale per completare secondo “standard europei” la macabra “filiera” toccata in dote ai tarantini: l’industria li avvelena e il nuovo ospedale li accoglie. Per morire lo stesso. Ma in pace. E sotto una sigla prestigiosa.
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