mercoledì 1 agosto 2012

No Giannino, l’Oscar in economia non te lo danno.


[Alcune considerazioni su...]


No Giannino, l’Oscar in economia non te lo danno.

Non voglio sembrare arrogante, ma veramente vale la pena spendere pochissime parole per smontare le fandonie e la truffa del programma economico con cui il signor Oscar Giannino e i suoi finanziatori si lanciano in politica. Di economia, nel loro programma, c’è la stessa dose che trovate di succo d’arancia nella Fanta. Forse di meno.

·  1) Ridurre l'ammontare del debito pubblico. è possibile scendere rapidamente sotto la soglia simbolica del 100% del PIL anche attraverso alienazioni del patrimonio pubblico, composto sia da immobili non vincolati sia da imprese o quote di esse.
Un debito pubblico di uno Stato a moneta sovrana (Fiat, non convertibile e floating) si traduce nell’attivo di tutto il settore non governativo (famiglie + aziende), al centesimo. Lo Stato spende accreditando conti correnti (di famiglie + aziende) o emettendo titoli che spostano il denaro degli acquirenti (famiglie + aziende + investitori interni ed esterni) da conti bancari a conti di ‘risparmio’ del Ministero del Tesoro presso la Banca Centrale, dove il medesimo denaro guadagna interessi superiori. Ogni singolo centesimo coinvolto nella spesa pubblica a deficit è dunque un attivo dei riceventi di quella spesa, e non un debito. Diminuire il debito pubblico significa solo ridurre l’attivo dei settori non governativi sopraccitati, cioè impoverirli. E’ sbagliato, non ha senso, ed è contrario alla funzione primaria per cui i debiti pubblici sono stati creati. La necessità di ridurre il debito pubblico di uno Stato emerge solo e unicamente in due casi: 1) una falsa e irrazionale credenza ideologica affine a una religione superstiziosa che vede nel debito pubblico un nemico, senza peraltro portare a prova di ciò alcuna realtà di scienza contabile (P. Samuelson), oppure 2) se il debito pubblico dello Stato in questione è stato ridenominato in una moneta che quello Stato non possiede, cioè una moneta ad esso straniera, come è l’Euro per noi. Adottando l’Euro, l’Italia si è posta nelle stesse condizioni di uno Stato del Terzo Mondo che deve onorare un debito denominato in una moneta straniera (Krugman). E’ precisamente l’Euro che ha tramutato il benefico debito pubblico italiano, precedentemente l’attivo di ogni italiano del settore non governativo, in una passività di tutta la popolazione, poiché il nostro Stato deve oggi onorare i propri titoli, ed eseguire la propria spesa pubblica, procacciandosi questa moneta ad esso straniera attraverso la tassazione di tutto il settore non governativo, oppure indebitandosi presso i proprietari dell’Euro, cioè i mercati di capitali privati internazionali che lo ricevono direttamente dal sistema delle Banche Centrali europee.
Se ne deduce che la proposta .1, non risolvendo la radice del problema, aggredisce l’indebitamento italiano dalla parte sbagliata, prendendosela col debito in sé e non con ciò che ha tramutato quel debito benefico in un disastro nazionale, cioè l’Euro. Secondo la proposta .1, finiremmo semplicemente con il problema inalterato, ma anche con un’enorme fetta di ricchezza nazionale alienata. Cioè, colloquialmente parlando, cornuti e mazziati. I proponenti dovrebbero essere tacciati di ignoranza delle realtà degli stati patrimoniali di uno Stato e di macroeconomia monetaria, non fosse per il fatto che sono in assoluta malafede, essendo essi aderenti del liberismo neoagrario e neoclassico che si prefigge come meta la distruzione di tutto ciò che è la funzione di spesa dello Stato a favore del settore non governativo di cittadini e aziende.

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