ENZO JANNACCI - LA CULTURA E’ DI CHI LA FA
Muore Enzo Jannacci, un grande della musica italiana - un
poeta che come pochi altri hanno saputo tradurre la realtà attraverso una
sintesi dialettica (lirica) a tal punto straordinaria, efficace, ed
empaticamente sublime, da coinvolgere intere generazioni a prescindere dal loro
stato sociale, culturale e ideologico. Un uomo appartenente a quella cultura,
che da sempre viene etichettata come espressione di una sinistra progressista,
pragmatica e rivoluzionaria.
E’ chiaro che nessuno si può arrogare l’esclusiva del
primato della cultura, ma è anche vero che la cultura, è di chi la fa.
Possiamo tranquillamente dire che, oggi, la cultura, è
una sorta di depuratore, che intende liberare dalle contaminazioni degenerative,
immesse nel pensiero libero, i rifiuti inquinanti, tossici ed omologanti, quale
risultato della contraffazione della realtà e quindi, della verità, addotti dal
Sistema Liberista Consumista.
Oggi, parlare di cultura di destra, è un ossimoro. Sarebbe,
come volere sostenere il primato dell’acqua sporca, sull’acqua pulita, della
guerra sulla pace, del regime autoritario, sullo stato di diritto, della
devastazione dell’ambiente sulla qualità della vita.
La cultura è il risultato di una presa di coscienza e di
consapevolezza; un bene di prima necessità - un bisogno che non si può eludere
e, come l’arte, in tutte le sue forme ed espressioni, abbisogna di impegno,
continuità e passione. La cultura è un atto dovuto alla vita.
Alda Merini, Fernanda Pivano, Fabrizio De André, Giorgio
Gaber, Moravia, Pasolini - per fare solo due nomi fra i mille - sono alcuni
degli esponenti di quella cultura che viene definita, di sinistra. Questi
grandi artisti che oggi non sono più fra noi, lasciano un vuoto incolmabile nei nostri cuori, e
una infinita nostalgia.
A questo punto, una domanda sorge spontanea: “Perché gli
artisti di destra non muoiono mai?” La risposta è altrettanto ovvia, in ragione
del fatto, che l‘ideologia/egemonia del “pensiero unico” non produce cultura
per definizione, e per tale motivo, ciò che non esiste, non può morire. Ed è
ancor più vero, che è proprio nella contrapposizione e nella rivoluzione, atte
a ristabilire lo stato di diritto, che la cultura esprime al massimo le sue
ragioni e da forma alla sua vocazione di giustizia e di libertà.
Del resto la sinistra, non si accampa l’esclusiva della
cultura, ma è la stessa cultura che, in maniera del tutto naturale, tende a
inglobare al suo interno i soggetti che la generano e che, da lei, attingono
gli elementi del sapere e della conoscenza, dentro un ragionevole e leale
confronto.
All’inverso si comporta l’ignoranza, dentro la quale, i
soggetti che la rappresentano, tendono a compattarsi in un unico blocco,
omologato e omologante, privo di contraddittorio, di sano pluralismo e
spersonalizzato di ogni differenza. E’ in questo contesto che, regimi e moderni
autoritarismi, trovano terreno fertile al fine di attuare il loro piano
eversivo e di degenerazione etica e morale.
La moderna destra, non ha titoli per partecipare al
dibattito culturale, salvo che (visti i tempi), l’acqua sporca, la guerra, il
regime e la devastazione dell’ambiente, non siano i nuovi criteri per
un’inedita forma di cultura.
Il presupposto di ogni dittatura è l’ignoranza che, nel potere
assoluto nelle mani di un solo uomo (il capo), ripone ogni responsabilità
individuale, morale e spirituale e, nella sudditanza e nel servilismo, accampa
il diritto a privilegi di natura gerarchica e all’esercizio umorale del potere.
Un uomo di cultura, che ha raggiunto la fama per meriti
assodati, non si pone il problema di dare un colore politico al suo impegno
intellettuale, ma è la stessa cultura che lo assorbe al suo interno.
Potrei portare l’esempio di una trasmissione come
“Report”, codificata nella lista di proscrizione dei programmi ideologici
dell’area di sinistra.
L’equivoco, l’incongruenza di tali affermazioni (per non
dire altro), sta proprio in questo pasticcio verbale, e in una lapalissiana
malafede. La stessa destra, dovrebbe - al contrario - esultare per un tale
programma, vista l’entità dei crimini, degli abusi e dell’illegalità imperante
che la Gabanelli denuncia, così da allertare la popolazione e renderla
consapevole della realtà che la circonda. E per motivi di buon senso e logica,
dovremmo tutti investire sempre di più su questo tipo di informazione. E’ un
atto dovuto, civile e democratico ma in totale antitesi con la “cultura
dell’acqua sporca”, della guerra, del regime, della devastazione dell’ambiente,
tanto cara a questa destra.
“Report” è di sinistra, per il solo fatto che porta alla
luce i comportamenti illeciti, dei quali, la stessa destra è corresponsabile e
complice. Non esiste altro motivo!
Oggi la destra italiana, tutela il crimine e la
criminalità, essendone parte integrante, nella nuova veste di procacciatore di
affari e cassaforte di profitti.
Gianni Tirelli
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